Ci sono varie teorie sull’origine del nome “Scampia” e sappiamo per certo che il terreno dell’attuale Ottava municipalità è sempre stato molto fertile e dedito all’agricoltura e pastorizia, infatti in napoletano, verace, con il termine “Scamp” si indica un campo da coltivazione; altra teoria interessante vede il quartiere prendere il nome da una Masseria di epoca medioevale, sita tra i casali di Secondigliano e Melito, chiamata “La Scampia”. Nello specifico Scampia faceva parte del territorio extraurbano dell’antica Neapolis, che era attraversato dalle strade che portavano all’interno della Campania e che, come avveniva di solito nel mondo antico, erano fiancheggiate da sepolture. Nella zona del carcere di Secondigliano è stata rinvenuta, infatti, una necropoli ellenistica, risalente al IV secolo a.C., con tombe e oggetti del corredo funerario. Di qui passava la strada che collegava la città con Capua ed Atella e che partiva da Porta Capuana, saliva verso nord e portava a Secondigliano. In questa zona, sono stati rinvenuti resti di ville romane come quella in via Tancredi Galimberti, così come un’altra, ben conservata, che si trova poco lontano, a Cupa Marfella a Marianella. Si tratta di “ville rustiche”, ovvero di fattorie dedite all’agricoltura, i cui prodotti erano destinati all’uso della famiglia o ad una piccola vendita per il mercato locale.
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La villa, i cui resti sono visibili oggi in via Galimberti, era già nota nella cartografia storica; la zona è, infatti, indicata come “Case Vecchie”, toponimo legato presumibilmente alla presenza di strutture archeologiche che dovevano essere molto più estese e ben conservate di quanto resta oggi. Si conserva solo una parte molto esigua della villa, databile in base alle tecniche murarie tra il I sec. a.C. e il II sec d.C. Dai resti di muri visibili è stato possibile, però, ricostruire l’edificio come una struttura a due piani, e riconoscere almeno due ambienti di servizio e altri quattro ambienti di funzione non precisata.
Il termine di villa rustica viene riferito ad una azienda agricola di piccole, medie o grandi dimensioni, connessa allo sfruttamento della terra o alla cura degli animali. La costruzione doveva rispondere ad alcuni requisiti come la localizzazione in un luogo salubre, ben collegato alla viabilità principale del territorio, con terrazze naturali e vicino a corsi d’acqua o boschi.
Il complesso rurale, nella sua forma canonica, si articolava in diversi corpi di fabbrica:
-la pars urbana, più pregiata, dove si trovava l’appartamento “privato” del proprietario e gli ambienti di rappresentanza per l’accoglienza degli ospiti¸
-la pars rustica, che era la parte dedicata agli alloggi dei manovali, dei contadini, dei servi, dei sorveglianti e anche tutte le strutture di servizio dedicate al lavoro (cucine, pozzi, depositi, ricoveri per animali);
-la pars fructuaria, che era il settore della villa dove si svolgevano le attività artigianali e quelle di trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli.
Chi abita il quartiere nomina quest’area come: “O’monument’”, altre storie raccontano che le rovine erano conosciute come “Casa de’ serpient’”… Quale altra storia conosci? Raccontacelo!