Mario Spada
nov/dic 2024
Mario Spada a Scampia con il workshop di fotografia stenopeica: raccontare il quartiere lontano dagli stereotipi
Vedere e raccontare Scampia con occhi diversi e lontano dai soliti stereotipi. È questo l’obiettivo del workshop lanciato dall’associazione chi rom e…chi no a cura di Mario Spada, fotografo che con la sua arte non racconta solo ciò che vede ma ne dà una lettura mai scontata. Lo strumento che Spada ha scelto per scattare è una “scatola magica”: la luce entra in un foro della scatola nera di cartone e imprime sulla pellicola la sua visione. È questa la fotografia stenopeica, il mezzo con cui Spada ha deciso di raccontare Scampia e investigare sui complessi cambiamenti che sta affrontando a partire dall’abitare, dal vivere. Dal 16 dicembre fino al 15 gennaio al centro Chikù sarà possibile visitare gratuitamente la mostra degli scatti realizzati durante il workshop dal titolo “La scatola magica”.
Una indagine sociale che inizia in un momento in cui il crollo del ballatoio della Vela Celeste e le notizie di altri crolli periodici nelle altre Vele ancora abitate o parzialmente abitate, balzavano continuamente alle cronache, fino ad arrivare allo sgombero totale. E Spada, insieme alle ragazze e i ragazzi, sono stati gli ultimi ad entrare nella vela gialla e a cristallizzare su pellicola quegli ultimi momenti di vita dei pochi abitanti rimasti e che dopo poche ore sarebbero stati sgomberati, le loro case murate per sempre. E con esse i loro pezzi di vita.
La mostra fotografica “Spina Tremula” di Spada e Ippolito
Il workshop prende il via dalla mostra fotografica dal titolo “Spina Tremula” di Mario Spada e Gaetano Ippolito, promossa e finanziata dal Comune di Napoli nell’ambito della programmazione di arte contemporanea 2024, visitabile gratuitamente negli spazi di Chikù, a Scampia in viale della Resistenza, fino al 15 gennaio 2025 (aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15, gli altri giorni su prenotazione al numero 081 014 5681 e 3931559433). Il maestro e l’allievo espongono insieme i loro lavori, le loro visioni della città di Napoli attraversando trenta anni di storie, strade, persone, piccole fatiche quotidiane, grandi eventi. Il visitatore non sa chi ha scattato le foto, se Spada o Ippolito: gli sguardi sulla città si intrecciano tra loro come metafora di un dialogo intergenerazionale, raccontando momenti di una città esposta e contemporaneamente nascosta, cercando di decostruire gli stereotipi, raccontando persone, presenze, che sembrano come scomparire dal contesto in cui sono cristallizzati nelle foto. I volti protagonisti delle foto di Spada e Ippolito sono presenze che ci sono e contemporaneamente scompaiono.
Il workshop a Scampia
Così nelle foto scattate durante il workshop gli abitanti delle Vele e non solo, diventano dei fantasmi. I volti protagonisti sono presenze che ci sono e contemporaneamente scompaiono. Esistono ma sono evanescenti, figure che rischiano di essere dimenticate. Un dramma umano che riguarda tante persone e che Spada ha deciso di documentare insieme a un gruppo eterogeneo di persone che ha risposto alla call lanciata dall’associazione chi rom e…chi no. Dal 23 novembre al 14 dicembre 2024 il fotografo ha dato appuntamento ogni sabato mattina al centro Chikù di Scampia a una ventina di persone diversissime tra loro: studenti universitari, docenti e ricercatrici, giovani del quartiere, educatori o semplicemente persone curiose. Qualcuno vive a Scampia, qualcun altro non ci era mai stato. Insieme hanno camminato nel quartiere, si sono persi nei dettagli, negli sguardi e nelle inquadrature per raccontare un territorio che sta attraversando uno dei suoi epocali cambiamenti. Il venerdì pomeriggio, poi, l’appuntamento è stato al Centro di Fotografia Indipendente, per sviluppare le foto scattate una settimana prima.
Spada: “È il tempo che fa la differenza nel racconto”
“Ci vuole tempo – spiega Mario Spada – bisogna aspettare i secondi necessari per l’esposizione alla luce prima di chiudere il foro della scatola. Ci vuole tempo per vedere e osservare cosa ci circonda e capire cosa vogliamo raccontare e come. Ci vuole tempo anche per sviluppare la foto. Ed è questo un tempo prezioso per riflettere e riportare un racconto diverso della realtà. È il tempo che fa la differenza”. Al termine del workshop, i partecipanti si sono riuniti per riflettere e commentare insieme gli scatti fatti, dare un senso e un significato profondo a quella opera di inchiesta collettiva che ha fissato su pellicola, nero su bianco, passando per una miriade di sfumature, un momento storico per il quartiere. Una ferita profonda, sentimenti contrastanti, che emergono con chiarezza dalle foto scattate durante il workshop, dai contorni a volte netti a volte no, così come la realtà che sta vivendo Scampia.
Il percorso di inchiesta sociale lanciato da chi rom e…chi no
Gli scatti resteranno in mostra al centro Chikù di Scampia, insieme alla mostra di Ippolito e Spada, e sono il primo tassello di una inchiesta sociale collettiva che durerà sei mesi e dopo Spada vedrà la partecipazione di altri professionisti del racconto. “Chi non ha fatto l’inchiesta non ha diritto di parola”, diceva Mao Zedong. Per rendere tutti parte attiva di una storia collettiva, l’associazione chi rom e…chi no ha deciso di lanciare questo percorso di inchiesta sociale che sarà accessibile gratuitamente a chiunque abbia voglia di conoscere e raccontare, senza limiti di età. Sarà condotto da un’equipe di professionisti nel campo dell’inchiesta sociale, del giornalismo, dei social, della fotografia, della narrazione e della pedagogia. “Raccontare il territorio per noi è sempre stato la raccolta delle voci di chi lo abita e lo attraversa, in forme diverse a seconda delle persone coinvolte, bambine o adulte, nel corso dei nostri venti anni di vita e impegno sociale pedagogico e culturale a Scampia. Capovolgere la narrazione stereotipata è tra le nostre ossessioni. Documentare, fare memoria e tesoro delle testimonianze di pezzi di storia comunitaria del quartiere, anche con lentezza per non perdere nulla, per andare in profondità e dare la possibilità a tutte e tutti di riconoscersi e riscoprirsi, oggi è quanto mai un atto sovversivo. Condividiamo questo approccio e metodo con alcuni compagni di viaggio con cui abbiamo condotto inchieste negli ultimi anni e ci è sembrato una evoluzione naturale provare un percorso di (auto) formazione rivolto ai più giovani”.